Resistenza

Episodi di ribellione contro il regime fascista si verificarono in Italia sia come sviluppo dell’attività politica clandestina antifascista, sviluppatasi sin dal 1924, anno del delitto Matteotti, sia per motivi legati alle condizioni generali del Paese nel periodo bellico.

L’organizzazione politica di queste attività inizia dopo la guerra civile spagnola (1936/39) e si intensifica nel 1943, in relazione al precipitare della situazione bellica ed al manifestarsi di un esplicito dissenso sociale, con i grandi scioperi operai nelle fabbriche del nord, tra il marzo e l’aprile 1944.

Le attività di combattimento toccano intanto, con episodi di guerra e col diffondersi di attività di guerriglia, tutte le aree del Paese: il sud (settembre/dicembre 1943, poi vi si istallerà l’amministrazione militare alleata), il centro e soprattutto il nord governato dalla Repubblica sociale italiana o, nell’area friulano/trentina, direttamente dal nazismo. E’ il passaggio da ribelli a partigiani.

La caduta di Mussolini, col voto del gran Consiglio del fascismo (25 luglio 1944) e l’armistizio con gli Alleati angloamericani (annunciato l’8 settembre) producono un’accelerazione nel costituirsi di organismi di direzione militare e di Comitati di responsabilità politica (CLN, CLNAI) della Resistenza, in un contesto nazionale segnato sempre più da paura, bombardamenti, restrizioni alimentari e da atti feroci di rastrellamento e repressione ad opera di fascisti e nazisti.

Dopo l’8 settembre si verificarono inoltre, ad opera di reparti dell’esercito italiano lasciati senza direttive, casi significativi di contrapposizione e di resistenza alle forse armate tedesche: a Cefalonia e Corfù, nelle Sporadi, in Corsica, i soldati italiani furono massacrati